Modesta proposta
per uscire dall'Europa
di Maurizio Blondet
Non è meglio lasciar morire l'Europa? Farla finita
con l'Europa, storia e
cultura e passato - che sono stati errori - e fuoriuscirne?
Se queste domande vi urtano, provate a chiedervi perché. Se offendono l'europeo
che è in voi, se mi rispondete appassionati che l'Europa "merita" di
vivere, che
il suo passato, le sue istituzioni, la sua letteratura, la sua civiltà sono un
patrimonio assoluto, il miglior gioiello che l'umanità abbia mai creato, da
trasmettere alle generazioni nuove - ai vostri figli - nei decenni, anzi nei
secoli a venire, è un sintomo di salute: siete vivi come europei, l'Europa è
amata e, ove fosse in pericolo, siete pronti a difenderla.
Ma può darsi che la domanda vi urti per un motivo meno benigno: perché
non ci
avete mai pensato. Perché siete nati qui, e l'Europa c'era già; ve la siete
trovata, senza merito e sforzo, e la date per scontata. Perché vi dà
fastidio
che qualcuno, un signor nessuno (senza potere cioè), si permetta di porre
domande provocatorie e contrarie al messaggio ufficiale - a ciò che le
"autorità", giornali ed economisti, governi e tv - vi assicurano ogni
giorno:
che l'Europa "avanza", che "è in costruzione". Se è questa
la causa della vostra
irritazione, allora il sintomo è infausto. Questo proteggersi dalle domande è
la
morfina per l'eutanasia d'Europa. Essa sta morendo di un vasto divieto di
pensare radicalmente e fino in fondo.
Lasciamoci irritare dalla domanda estrema, magari perché ci obblighi a
confutarla con il rigore necessario. Non sarà meglio chiudere con l'Europa? In
essa si moltiplicano i sintomi di dell'agonia. Il declino demografico ne è uno
dei più certi. Anche l'impero romano ne soffrì, nella sua decadenza. La
scarsità
d'uomini era un problema già al tempo di Marco Aurelio, e s'aggravò
tragicamente
per i tre secoli seguenti. Anche allora si volle rimediare accogliendo
immigrati: come l'Europa per colmare i posti di lavoro svuotati, Roma
"aveva ue
decisioni, dotato del massimo esercito del pianeta. Spiacerà, ma è questo che
crea la forza di una moneta: la somma della vitalità industriale-commerciale,
dell'operosità e inventiva dei cittadini ma insieme della pienezza di volontà
politica dell'entità collettiva che la emette, in ultima analisi la sua forza e
la decisione di difendere con la forza - le armi - i suoi interessi.
L'Europa invece si vuole militarmente sguarnita, rinunciataria. Ha un bel
ripetersi che "ripudia la guerra", che ha scelto "la pace".
Dietro questo
partito preso corale per la "pace" c'è, sospetto, non tanto (non
solo) la voglia
di risparmiarsi sacrifici; c'è la perdita della convinzione che la propria
civiltà merita di essere proposta, e persino imposta, al resto del mondo.
l'Europa s'è convinta di non aver più niente da fare nel pianeta.
Non ha più
un bersaglio e un orizzonte oltre i suoi confini ; non ha un nemico, perché non
ha un progetto chequalcuno voglia ostacolare. Tutti i suoi impulsi sono rivolti
alla protezione del proprio benessere, della propria previdenza sociale, delle
sue garanzie, dei suoi comforts. Il riflesso istintivo dell'Europa non è
l'espansione, ma la chiusura nel proprio giardino. Non la conquista, ma il tener
lontani "i barbari è il movente della sua occasionale aggressività.
Un tempo, l'Europa proponeva e imponeva le sue istituzioni, e così ha fatto
entrare interi popoli, volenti o nolenti, nella modernità. Li ha
svegliati, li
ha chiamati a partecipare a un più dinamico destino comune. Ma ora che cosa ha
da proporre? L'Europa che nasce nell'auto-compiacimento ufficiale e
obbligatorio, non ha in realtà istituzioni. Ha quasi-istituzioni. L'euro,
l'abbiamo visto, è una quasi-moneta. Il "governo" europeo è un
quasi-governo.
Toglie sovranità ai vecchi stati nazionali ormai troppo piccoli per
"competere"
nel "mercato globale", ma non esercita poi per sé la sovranità che
s'è avocata.
Lo fa di proposito, il "governo" europeo non vuole essere politico.
Infatti si è
autonominato "Commissione", e i suoi ministri sono
"commissari". Se fossimo
ancora politicamente vivi, il termine stesso ci agghiaccerebbe: evoca il
Commissario Lavrentij Beria, i commissari del popolo, il commissariamento ossia
la messa sotto tutela. Il termine e le prerogative del Commissario si situano al
disotto del livello politico, e della legittimità democratica; il Commissario
svolge una funzione amministrativa, di confini imprecisati e proprio per questo
torbidamente illimitati. Il Commissario, ogni Commissario, è un
funzionario di
polizia, addetto al controllo e alla regolazione. Non per caso la
Commissione
europea non emana leggi, ma "direttive", ossia quasi-leggi.
Ecco a cosa s'è ridotta l'Europa. Secoli di lotte sanguinose, di dolorosi
scontri di forze per il diritto, per creare lo splendido diritto pubblico
europeo, ed oggi si lascia governare da quasi-istituzioni, da un quasi-governo,
obbedisce a quasi-leggi, accetta in pagamento una quasi-moneta. Il tutto,
inquadrato in una quasi-democrazia, che non si regge sulla partecipazione
appassionata, ma sulla passività inerte, sull'astensione.
Dovrei parlare anche della situazione della religione in Europa. Me ne astengo,
per rispetto della Chiesa, ormai purtroppo incapace di gettare a fondo lo
sguardo sulla propria crisi, e di dirne le cause. Mi limito a temere che
ormai
l'Europa si contenti di una quasi-religione : una fede che non pulsa più, che
si
giustifica come una delle tante "sicurezze sociali" annesse allo
stato del
benessere. Un volontariato collaborazionista e senza profondità, liturgie
private di rigore e splendore, burocrazia clericale, produzione di
"documenti" a
quintali : ma nessuna indicazione urgente sull'aldilà. E nessun martire.
E che dire della sterilità culturale e artistica d'Europa? Non vi sembra un
sintomo infausto? Magari lo negherete. Lo so, l'Europa, oggi, persiste a
credersi "culturalmente superiore" agli Stati Uniti. E' lo stesso
riflesso dei
mandarini cinesi, altezzosamente convinti che i bianchi occidentali, che stavano
conquistando e asservendo la Cina, fossero dei rozzi barbari. Noi crediamo gli
americani degli incolti semplicioni; e intanto vediamo solo film americani, ci
muoviamo su aerei che volano con sicurezza grazie a standard fissati dagli
Stati Uniti, in uno spazio mondiale giuridico e politico forgiato dagli
americani e reso relativamente sicuro dagli Usa, in un pianeta in cui i gusti,
le mode, i modi di pensare, le credenze sociali, le istituzioni, persino le
architetture sono "americane" o cercano di esserlo. La filmografia,
forma d'arte
assoluta del secolo, è tipicamente americana : gli Usa ce ne inondano,
"dominano
il mercato". I francesi se ne adontano, gridano che è un monopolio
sleale; e,
loro, fanno film semplicemente inguardabili, piccole storie, microscopiche
vicende "intime" o narcisistiche che non interessano, non danno
speranza, non
fanno discutere. Non è un caso: il cinema come forma d'arte è un'epica, o
favola
epica; e l'Europa ha rinunciato all'epica.
L'alone culturale d'Europa, il vasto alone in cui rilucono Dante e Shakespeare,
Bach e Haydn, Newton e Pasteur, a che cosa ci serve ? E' un patrimonio da cui
l'Europa contemporanea non sa attingere nuova vitalità. Per i nostri studenti,
è
un peso inutile. Un legato messo in cantina, inutilizzabile alla
vita di tutti
i giorni, non più quasi esplorato, riservato a specialisti, dai più sopportato
come compito scolastico e poi, con sollievo, dimenticato. Non c'è segno più
certo di decadenza, di mandarinismo cinese, che inorgoglirsi di questa eredità
non messa a frutto, di una cultura che ha smesso di essere popolare, passione di
popolo ( i contadini che ho conosciuto in Toscana recitavano a memoria Dante e
Tasso). Varrebbe meglio sentirsi peggiori e più ignoranti degli americani. Il
nostro falso orgoglio ci fa credere esenti dal bisogno di studiare, dal
faticare, perché i nostri padri europei l'hanno già fatto. Ma la storia umana
è
un immenso evento dinamico : chi non si sforza cade, chi non sale non resta
stabile sulla traiettoria piana, ha già cominciato la parabola della discesa.
La sterilità culturale, del resto, è in parte imposta. Non dagli Usa, di cui
siamo renitenti subalterni, ma dall'ideologia ufficiale o ufficiosa della
"Nuova" Europa: certi argomenti non si toccano. Certe zone della
nostra storia
non vanno indagate, pena l'accusa di "revisionismo" e persino
conseguenze
penali. Dal Parlamento europeo, per legge, sono esclusi partiti
"europei" che
critichino l'europeismo. Eppure si tratta di anti-europeisti europei, e ce ne
sono, e le loro obiezioni sono necessarie per una migliore Europa, e spesso essi
hanno un'idea di Europa più esigente e vera di quella imposta dalle burocrazie.
La soppressione di voci critiche, il divieto di far domande, la
criminalizzazione di idee, l'espulsione dei "revisionismi" (con
invocazione
della polizia per far tacere i molesti) dal dibattito pubblico europeo è
un
segnale dei più sinistri. Ancor più grave è che venga accettata da popoli che
furono agggressivi, pugnaci. Ma la democrazia, in Europa, è flaccida. Non è
stata una nostra creazione. Noi abbiamo inventato monarchie e dittature. La
democrazia presa sul serio, come forma estrema della sovranità popolare (tale
è
la sua forma moderna), anch'essa è nata in America, e l'America ce l'ha
imposta.
Da noi, ha il polso debole ; non è la passione della sovranità popolare, è un
metodo amministrativo. Poco vitale, non cotrastato ma nemmeno difeso, per la
mancanza generale di energia. Piuttosto, aggirato infinitamente, e
cautelosamente limitato, regolato, gestito con il minor possibile ricorso al
popolo.
Come se l'Europa dovesse diffidare di se stessa, in fondo. E di fatto, negli
ultimi secoli l'Europa s'è levata entusiasta alla partecipazione politica, ha
combattuto e versato sangue, ha creduto e sofferto volentieri, solo per
cesarismi, per dittature di massa, per figure totalitarie e ideologie totali.
Napoleone e Mussolini, Stalin e Hitler, fascismo e comunismo; ecco i momenti
storici dell'entusiasmo collettivo europeo.
Dobbiamo riconoscere che furono errori. Di fatto, l'Europa lo riconosce. Ripudia
questa parte del suo passato. Ma in modo poco onesto. In modo cultuale. L'Europa
intera recita le dovute deplorazioni delle dittature che ha adorato, esegue le
prescritte liturgie di demonizzazione della mummia totalitaria, e con ciò si
esime da ogni esame di coscienza storica. Non si interroga sui motivi
profondi
di quella fatale inclinazione europea per speranze totali, di quella avversione
europea per il pluralismo, per l'individualismo, di quella sua passione nefasta
per il truce conformismo di massa. E si guarda bene dal trarne conclusioni
rigorose.
Sarebbe lungo, qui. Provo ad enunciare almeno una conclusione: se l'Europa,
negli ultimi tre secoli, non ha commesso che errori - e io profondamente credo
che furono errori, hanno spezzato la spina dorsale europea, ci hanno dissanguato
e reso esausti - perché essere ancora europei? Vi va davvero di vivere in
queste
mezze verità, così diffidenti di noi stessi da vietarci di guardare nel nostro
ieri? Io credo non sia possibile vivere a lungo nell'inautenticità, evitando e
facendo scongiuri agli angoli oscuri della nostra anima, adottando il modo
politicamente corretto di giudicare, senza scavo e senza convinzione profonda.
Questo falsifica le nostre vite, ci fa deperire, declinare in tutto:
nell'economia e nell'arte, nella cultura e nelle istituzioni. Tutto è ormai
inautentico nell'Europa.
La proposta estrema è: usciamo dall'Unione Europea, entriamo invece negli Stati
Uniti. Come l'Alaska e le Hawaij, stati americani con la loro razza,
"cultura" e
situazione territoriale anomala. Entriamo nella patria di cui, forse, facciamo
già parte senza riconoscerlo. Adottiamo le loro istituzioni, la loro moneta, la
loro lingua. Abbandoniamo Dante, che abbiamo già dimenticato, ed eleggiamo
anche
noi il loro presidente, assumiamoci le responsabilità che gli Americani si
assumono con vigore vorace. Oggi siamo subalterni; con l'Italia diventato Stato
americano, saremmo di nuovo sovrani. Parteciperemo a un destino più esigente,
ma
più ambizioso. Ci assumeremmo anche noi, finalmente, rischi e responsabilità,
delitti collettivi grandiosi e impuniti, e grandiosi orizzonti: insomma le
macchie e le luci di un destino storico consapevolmente affrontato e difeso.
Right or wrong, my country, come si può dire (ormai) solo il inglese. Usciamo
da
una vita organizzata dai commissari, da un futuro che non c'è.
PS. Questa è una provocazione. Mi aspetto che qualcuno, spero molti, si senta
provocato. Che mi confuti ; non che mi insulti, è troppo facile, ma che mi
confuti. Il peggio sarebbe che la provocazione non avesse risposta. C'è ancora
qualcuno vivo, qui ?.