IMMIGRATI
PERCHE' DOVREMMO APPENDERE IL CARTELLO "TUTTO ESAURITO"
di IDA MAGLI
Il problema dell'immigrazione in Italia è stato impostato male fin dall'inizio e con il passare del tempo è diventato sempre più confuso e contraddittorio, finendo adesso in una spiacevolissima, e quanto mai ingiusta, diatriba fra italiani buoni e italiani cattivi. E' possibile accantonare, almeno per un momento, le polemiche e tentare di chiarire l'enorme complessità del fenomeno prendendo almeno atto che si tratta di un fatto tanto grave da condizionare sia il presente che il futuro degli italiani? Per prima cosa va detto che il contatto fra popolazioni diverse è stato studiato, fin dal primo impatto con la scoperta del Nuovo mondo, dalle maggiori intelligenze e dai più grandi studiosi di etnologia, di antropologia, di linguistica, di psicologia, di psichiatria, di biologia, di demografia; una letterature immensa della quale i politici nulla conoscono, ma che non sono autorizzati a fingere che non esista riducendola a questioni di egoismo o di buon cuore.
Cominciamo dal dato di fatto reale, concreto: ogni corpo occupa uno spazio. Un territorio possiede una determinata estensione. Come per qualsiasi spazio, per il territorio di uno Stato è indispensabile calcolare quanti corpi può contenere. Ed essendo un habitat, questo territorio deve fornire aria, luce, calore, acqua, vegetazione, alimento, riparo, vie di comunicazione, scarico dei detriti, alle popolazioni che vi vivono. Bisogna dunque calcolare il rapporto fra tutti questi elementi e la densità demografica compatibile. Agli italiani si rammenta di continuo, per indurli a compassione, che anch'essi sono stati emigranti: ma vogliamo ricordare anche in quali territori sono andati? Chiedo scusa se faccio qualche cifra, ma non c'è nulla di meglio delle cifre per ricondursi alla ragione. Prima di tutto gli Stati Uniti d'America. Uno Stato-continente, la cui superficie, 9 milioni e mezzo circa di km2 (escluse le acque interne che sono estesissime) è pressoché uguale a quella della Cina e a quella del Canada, con immense risorse agricole, forestali, minerarie. Ebbene la popolazione attuale è di 200.260.000 abitanti con un rapporto di 27,3 abitanti per km2. Il Canada, altro luogo di emigranti, è, dopo la Russia, lo Stato più esteso del mondo, con 9.970.610 km2 (escluse le acque interne) e una densità demografica di 2,9 abitanti per chilometro quadrato. L'Australia, continente che è sesto per estensione fra i grandi Stati della Terra, si sviluppa per 7.682.300 km2 e ha una popolazione di 17.875.000 abitanti con un rapporto di 2,3 abitanti per km2. Paesi, dunque, che avevano assoluto bisogno di venire popolati per poter vivere dato che anche una densità troppo bassa è mortale, e le cifre di oggi sono molto più alte dì quelle di cento anni fa, epoca dell'emigrazione italiana.
Quale confronto può dunque essere lecito con la situazione odierna dell'Italia, con una superficie di 301.277 km2 e una densità di 190 abitanti per chilometro quadrato? La verità è che la condizione italiana è terrificante e manda continui segnali di morte. C'è una sola cosa da fare: mettere bene in vista il cartello "tutto esaurito" e, come quando una barca è sovraccarica, avvertire che sta per rovesciarsi. Bisogna decementificare, rimboschire, risanare un territorio che va in pezzi a ogni pioggia, a ogni piena di fiume; bisogna recuperare terreni per l'agricoltura, per il pascolo; bisogna purificare l'aria dall'inquinamento, diminuire il numero delle automobili, Il consumo di energia: insomma diminuire la presenza umana e indurre quella che c'è ad amare la propria terra, il proprio paesaggio, i propri mari, i propri alberi, i propri animali. Soltanto allora gli italiani ricominceranno a fare figli perché è la natura stessa, oltre che la ragione umana, a cercare di salvare l'habitat facendo diminuire il consumo biofisico.
Il ministro Veronesi ha emanato un decalogo per vivere bene, ma forse non ha tenuto sufficientemente conto della cosa più importante: lo spazio, l'aria, l'orizzonte, la voglia di una vita veramente umana, e dunque "bella". I giovani si drogano? Si intontiscono alle luci e ai ritmi assordanti delle discoteche? Ma in che modo possono accorgersi di essere "vivi" se la loro energia non serve a nulla; se l'aggressività non è tensione verso una meta da raggiungere ma soltanto tifo per la squadra di calcio, velocità dell'automobile, strumento di morte per gli altri e per se stessi? Che cosa di più frustrante che spendere energie in palestra producendo lavoro che non "produce"?
Sono stati fatti molti studi (ricordo qui soltanto quelli famosi di Henri Laborit) su come impazziscano le cavie rinchiuse in uno spazio troppo ristretto. Si mangiano fra loro, piccoli e grandi, madri e figli; si scatenano in una sessualità compulsiva senza distinzione di sesso; si ammassano in un moto frenetico fino alla morte. Soltanto che per gli uomini la consapevolezza di non avere una direzione di marcia è più grave che per i topi. E ogni immigrato in più è - ed è visto - come un intruso che accelera il capovolgimento della barca.
Ci pensino bene i politici: non sono stati eletti per essere buoni, ma per essere "giusti"; giusti verso i propri governati.
Ida Magli
(da "Il Giornale" del 16 Dicembre 2000)