"Slow
Food",
Sinistra, & er Pecoraro ipocrita
di Alberto Mingardi
Quelli di
"Slow Food" (la costola della sinistra che detiene il monopolio
della difesa della buona tavola)
fanno sapere
che:
"Noi non scenderemo in piazza per protestare contro il divieto
della bistecca con l'osso".
Non ci sorprende: loro
sono bravissimi a metterci in guardia dal tremendo pericolo di una "omologazione
planetaria" rappresentato da centinaia di McDonald's
in cui la gente entra, esce e pranza volontariamente, ma quando Bruxelles
s¹inventa di imporci per legge cosa mangiare e cosa no, zitti e
mosca. Il nuovo proibizionismo della bistecca con l'osso
dovrebbe tutt'al più strapparci un sorriso. L¹Unione Europa
ha appena deciso che la fiorentina è come lo yogurt, scade il 31
Marzo 2001: l'Europa, oltre a strapparci la libertà
di mangiare ciò che preferiamo, ci ha spogliato della tipicità della nostra
tavola, quella cosa tanto preziosa che "Slow Food"
e i suoi amici sembrava volessero tutelare. Ma siamo sotto elezioni, ed è
tutta un¹altra musica: se cheeseburger e patatine fritte sono ovviamente
strumento dell¹oppressione di classe, il ketchup serve soltanto ad affamare
il Terzo mondo, e l'happy meal potrebbe sancire la fine della nostra sovranità
culinaria, per "Slow Food" la decisione dell¹UE
non rappresenta un pericolo. Semmai una soddisfazione. L'accusa mossa a McDonald's
è di costringere alla chiusura i ristoranti e le trattorie tradizionali, "slow
food". Peccato che non ci sia nessuna evidenza empirica a
sostegno di queste congetture: anzi. Il
Gambero rosso non ha dichiarato fallimento da che i "Mac"
sono sulla piazza, semmai negli ultimi anni ha visto intensificarsi le proprie
attività editoriali: segno che vi è un pubblico crescente, di lettori e
ristoratori appassionati. Allo stesso modo, un'occhiata sommaria alle vie
centrali di città come Milano o Roma (in cui McDonald's è
sicuramente una realtà assai presente) conferma che la presenza di un certo
numero di fast food non ha inficiato la sopravvivenza dei ristoranti di qualità.
Proprio perché le due cose non si escludono a vicenda: chi a mezzogiorno
sceglie il BigMac, magari è il primo a fiondarsi dal Savini
per una cenetta romantica, e magari a casa può vantare una cantina
di tutto rispetto.
Questo perché i "Mac" rappresentano una risposta
diversa a problemi diversi, non il tentativo di soppiantare la trattoria
vecchio stile: lo conferma, del resto, l'esperienza americana, dove la
proliferazione capillare del fast-food non ha certo impedito
a buoni locali "tradizionali" di nascere e crescere
sul mercato. Viceversa, il provvedimento dell'Ue ha già
messo in crisi un¹intera categoria, quella dei macellai. Il problema non è
solo la riduzione del consumo di carne, piuttosto il fango gettato (del tutto
gratuitamente) sulla categoria. In più, i ristoranti "di
livello" specializzati nelle carni si sono visti decimare la
clientela: il gestore di una steakhouse mi raccontava di
essersi trovato, per diverse sere, con il locale deserto. Per una spiacevole
ironia,
quella steakhouse è specializzata nel preparare e servire bistecche di
provenienza argentina e nord-americana: che vengono, cioé, da quei
Paesi dove la possibilità del pascolo libero (anziché
l'internamento nelle stalle) ha azzerato il rischio-Bse!
E che dire dell'ipocrisia di un ministro, Pecoraro Scanio,
che mentre getta sul lastrico le macellerie italiane loda l'agricoltura "biologica"
che usa le farine animali come fertilizzanti? (l'ha denunciato, sul
Corriere della Sera, Roberto Defez).
La parola d'ordine di questi signori non
è "controlli", in realtà è "menzogna".
Umberto Veronesi, collega di
Pecoraro Scanio, ha ammesso che il rischio di rimanere
affetti da Bse equivale a quello di essere preda di un cancro
polmonare in cui incorre chi fuma una sigaretta l¹anno. Non c'è storia, se
paragoniamo poi le probabilità con quelle, per esempio, di subire un
incidente stradale, di causarne uno fra le mura domestiche.
O di restare vittima di una malattia
venerea. Non per questo ci sentiamo in animo di autorizzare lo Stato
a impedirci di uscire di casa, o a regolamentare frequenza e casistica dei
rapporti sessuali.
Se l'Onnipotente ci ha messo al mondo, non è per vivere in un
gigantesco preservativo.
Rischi ve ne sono dappertutto: sta a ciascuno di noi scegliere quali
è disposto a correre e quali no.
Chi guida a duecento all'ora sa cosa
potrebbe capitargli. Chi fuma pure. Chi ha rapporti occasionali altrettanto.
E' tanto grave chiedere che la stessa libertà possa esserci garantita
a tavola?
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