MILANO - Il politicamente corretto, che poi
è pensiero precotto, una filosofia del banale, vive sul filo dei
distinguo. Il nostro ormai è un mondo di linee immaginarie, di
confini impalpabili. Per esempio quello fra erotismo e
pornografia.
La differenza sembrerebbe ovvia, ma mica poi così tanto. Per
certo, sappiamo solo che l'erotismo ha dignità letteraria (e
cinematografica), la pornografia no. Il gioco del vedo-non-vedo fa
la differenza. Così, le mamme si assiepano ai cancelli di
Mediaset per immolare la loro bimba sull'altare di Striscia la
notizia, una figlia scosciata e velina è l'orgoglio di papà.
Ma se la ragazza fa un altro passetto, quello decisivo, e
dal calendario nature di questo o quel patinatissimo news magazine
finisce sulle pagine, altrettanto nature, di una rivista
pornografica - è anatema.
E' un gioco di ipocrisie, o forse l'ultima roccaforte del senso
del pudore. Per giustificare certe esplosioni ormonali catodiche,
abbiamo vestito di rispettabilità accademica mossette
sexy, sguardi ammiccanti, tette che parlano, orgasmi intravisti.
Il prezzo da pagare è la condanna, più che morale: televisiva,
di tutto un mondo, che vive beato nel suo essere sommerso e
salvato assieme.
Il sudatissimo mondo del porno. Che recita le parti del capro
espiatorio perfetto: si pensi agli strali delle femministe, in
primis la romanziera Andrea Dworkin e la giurista Catherine
MacKinnon, le quali identificano nella stessa
"struttura" di un film osé (e, alcune, nella
penetrazione per se) il marchio dell'oppressione maschilista.
Poche le voci dissonanti, su tutte Nadine Strossen, leader dell'American
Civil Liberty Union , in un libro uscito per Castelvecchi, e
la più interessante Wendy McElroy, in una più recente fatidica
che vedrà la luce per Leonardo Facco Editore (con prefazione
della femminista italiana Roberta Tatafiore).
Sia Strossen che McElroy sono costrette ad occuparsi di quello che
è il caso per antonomasia portato dalle femministe a sostegno dei
loro argomenti: quello di Linda Lovelace, alias Linda Marchiano,
alias "Gola profonda". Un caso che non sussiste, a dire
il vero: nel 1980, la Marchiano confessò di essere stata
costretta a girare il film dal marito, Chuck Traynor, a suon di
percosse.
La troupe non la sfiorò con un dito, quindi casca il teorema - ma
da allora, su Gola profonda (film del 1972), si sono
addensate ombre mai dissipate. Fino ad oggi: Stampalternativa,
nella sua collana opportunamente intitolata "Peccati",
ci regala un libro destinato a diventare un piccolo cult. E' Profondo
porno , di Fabio Giovannini, esperto di immaginario. Che si
propone un compito non facile, restituire dignità a Gerard
Damiano, regista di Gola profonda , definito - con un po'
di enfasi - il Fellini del porno.
Del resto, in passato Pietro Adamo (ne "La pornografia e i
suoi nemici", Il Saggiatore) aveva evidenziato la centralità
di "Gola profonda", il film che ha fatto esplodere le
potenzialità, anche economiche, di questo genere da sottobosco.
E' senz'altro vero, scrive Giovannini, che si è trattato di un
film epocale: "gola profonda" è entrato, quasi
istantaneamente, nel gergo giornalistico (il secondo mestiere più
vecchio del mondo, non a caso). E, come film, ha continuato a dare
scandalo per anni: per la prima volta, sul grande schermo, finiva
una storia che, sin dal titolo, era l'apologia e l'apoteosi di un
determinato genere d'amore.
La rivista FilmMaker ha messo "Deep Throat" fra i 50
film più importanti di sempre. Forse è un tantino esagerato, ma
senz'altro un impatto, maiuscolo, sul costume ce l'ha avuto.
La stessa Lovelace, insinua Giovannini, ne fu vittima - distrutta
dalla sua popolarità, più che da un marito manesco. Cito:
"Gola profonda segna la nascita della prima vera stella
femminile dell'hard core, Linda Lovelace. Come Damiano grazie al
suo successo faceva uscire dall'anonimato i registi di porno,
Linda Lovelace emncipava dalla stessa condizione le attrici del
genere". Inoltre: "I titoli di testa ci informavano che
Linda interpretava la parte di se stessa (Herself). E' il segno
che se esce dall'anonimato, l'attrice porno deve però concedere
al suo pubblico l'identificazione fra cinema e vita".
Tuttavia, la "recitazione" della Lovelace favoriva
questo equivoco. Damiano, spiega Giovannini, l'aveva scelta
proprio per quel suo aspetto, dolce e innocente, dopo averla vista
in azione. Sembrava si divertisse quanto il suo persoonaggio,
mentre scopriva finalmente le gioie dell'orgasmo "quando un
pene le titilla la papilla".
La leggenda costruita a posteriori dalle femministe vorrebbe che
"grazie all'ipnotismo praticato dal marito Chuck Traynor,
Linda poteva rilassare talmente i muscoli della gola da poter
ingoiare interamente un pene eretto". Le illazioni lasciano
il tempo che trovano. Certo è che Linda, man mano che il successo
del film montava, fu la prima a consolidare il suo personaggio.
Rilasciando dichiarazioni varie, che filosofeggiavano sulla
sessualità, proponevano il superamento dei sensi di colpa e
contrapponevano a certo moralismo perbenista un erotismo gioioso.
La sua parabola, insomma, da casta a diva e ritorno, non è poi
così diversa da quella di altre starlette, inghiottite dal
successo. La violenza c'entra poco.
Anche Gerard Damiano, il regista di "Deep Throat", non
bissò più quel successo - e il rigore "artistico" del
suo cinema, avverte Giovannini, declinò di lì a qualche anno. Ma
basta poco per diventare un mito.
Rutger Hauer ce l'ha fatta con una battuta improvvisata in "Blade
Runner", a Orson Welles è stato sufficiente uno scherzo di
cattivo gusto, a Isabelle Allende è bastato il cognome. Caro
Damiano, benvenuto nel club.
Fabio Giovannini
Profondo Porno - il cinema scomodo di Gerard Damiano
Stampalternativa
Roma, pp.128, lire 12.000
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