Il Giornale, 18 agosto 2001

Piñera: "Eccovi la mia ricetta alla cilena"

Carlo Stagnaro

Il sistema pensionistico italiano ha bisogno di modelli cui ispirarsi. E un esempio può venire dal Cile. Tra tutte le colpe imputabili al generale Augusto Pinochet, infatti, certo non vi è il dissesto dei fondi pensioni. Questo perché affidò il settore all’allora trentenne Jose Piñera, oggi analista di punta del prestigioso Cato Institute, una fondazione Usa di area repubblicana. Il “suo” sistema resiste alla prova degli anni. Ne abbiamo parlato con lui.

Lei parla di crisi globale delle pensioni pubbliche. Perché?

Perché i modelli pensionistici privi di copertura finanziaria che si sono affermati in tutto il mondo nel corso del XX secolo sono soggetti a due tendenze tipiche dei tempi moderni: l’invecchiamento della popolazione e l’irresponsabilità politica.

E’ possibile elaborare una soluzione comune a tutto il mondo?

L’idea di affidare l’erogazione delle pensioni a un sistema privato e munito della necessaria copertura, sulla scorta dell’esperienza cilena, è universale. D’altra parte è evidente che qualsiasi ricetta deve tener conto delle condizioni di ogni Paese.

Molti Paesi hanno una cultura fortemente statalista. Come convincerli a privatizzare?

Dando ai lavoratori la possibilità di scegliere tra il sistema pubblico e quello privato. Bisogna evitare una privatizzazione imposta dall’alto. Se la cultura statalista è davvero così permeante, i lavoratori non abbandoneranno il vecchio sistema. Ma diamogli la possibilità. La stessa obiezione mi fu rivolta in Cile ai tempi della riforma. E io la spiegai in tv e sui giornali. Risultato: il 94% dei cileni optarono per un sistema in cui essi sono proprietari dei loro fondi pensionistici; e questi ultimi non sono condizionati dagli andamenti demografici o dai cambiamenti politici. La gente è statalista con i soldi degli altri, non con i propri.

Come abbattere la sovranità di questo “status quo”?

Nulla è più potente delle idee. L’estabilishment cileno, compresi molti generali, non era in grado di contestare la possibilità di scelta, e una schiacciante maggioranza di cittadini la apprezzava. A riprova dell’enorme sforzo che è stato necessario per introdurre la riforma, c’è il fatto che i militari restarono fedeli al vecchio sistema. Essi hanno perso 19 anni di rendita media dell’11%, oltre all’inflazione, di cui il resto della popolazione ha potuto godere; e il loro sistema oggi è in totale bancarotta e dipende dai sussidi di Stato.

Che cosa serve per orientare le riforme verso il libero mercato?

E’ indispensabile vincere la battaglia delle idee: nelle università, sui mezzi di comunicazione, su internet. Dopo feroci dibattiti, otto paesi dell’America Latina, e la Polonia, hanno adottato varianti del modello cileno. E anche negli Usa le cose si muovono.

Le privatizzazioni determinano una perdita di potere. Come si fa a convincere i politici?

Il segreto è capire che la larghissima maggioranza dei politici è composta da “seguaci”, non da leader. Temono i sondaggi più di Dio. Convinciamo la gente, allora, e mostriamo ai politici sondaggi in cui la maggioranza dei cittadini chiede di poter esercitare un controllo diretto sui propri soldi. Allora anche i politici dovranno accettare la perdita di potere che la riforma pensionistica implica.

Riformulo la domanda: come convincere i cittadini?

Come sempre, dicendo loro sempre la verità, trattandoli da adulti, presentando l’idea con rigore geometrico, ma anche con la passione dell’amore.

L’Ue punta all’armonizzazione fiscale. Che ne pensa?

Sarebbe cosa buona per l’Europa e per gli europei se la cosiddetta “armonizzazione” si traducesse nell’atto di armonizzare tutte le tasse al minimo livello consentito, ovvero se portasse a una sostanziale riduzione del carico fiscale nell’intero continente. E’ evidente che una delle tragedie dell’Europa nel XX secolo è stato il peso crescente ed enorme del potere dello Stato. Il nuovo secolo deve essere segnato dalla restituzione di quel potere agli individui e alla società civile.

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