"UN OMICIDIO DI STATO"
(da: "Libero - Opinioni Nuove", 5 Gennaio 2001)
Il suicidio è di per sé una tragedia: è un atto insano, l'ultimo stadio
della disperazione. Per questo ci sentiamo costretti, ogni volta, a indagare
le motivazioni, i perché, di chi è arrivato a togliersi la vita.
Ma Michele Miraglia, il commerciante di Caltanissetta che a 58 anni s'è
impiccato perché oberato dai debiti e distrutto dal peso delle tasse, non si
è suicidato. E¹ stato ucciso.
I suoi killer li conosciamo, appaiono ogni sera in televisione, ci dicono
che tutto va bene, che l¹economia tira, e dispensano sorrisi. Sono gli
stessi che magari hanno inviato alla famiglia Miraglia una corona di fiori,
delle condoglianze di circostanza. Sono i nostri politici. E' lo Stato
italiano.
Domenica scorsa il Financial Times ha dedicato un survey alla situazione
nostrana, lasciando intendere che molta strada è ancora da percorrere sulla
via che porta alla "modernizzazione" ma che nondimeno molto è stato
fatto.
L¹articolista è giunto persino a sostenere che l¹ingresso nell¹Euro ha
significato per l¹economia italiana un grande balzo in avanti, che le nostre
imprese hanno ripreso ossigeno nonostante le finanziarie sanguinose del
governo Prodi. Tutto vero, quanto è vero che i fiumi scorrono in salita.
Purtroppo invece l¹Italia resta il Titanic di sempre, a dispetto della
sbandierità "austerità" dei governi dell'Ulivo. I quali hanno
tentato di
fare quadrare i conti, bisogna dargliene atto, ma allo stesso tempo hanno di
mostrare di avere una visione dello "Stato" che porta inevitabilmente
alla
recessione, alla stasi economica. Di più: porta alla morte.
Michele Miraglia è un morto per tasse, una malattia da cui la stragrande
maggioranza della popolazione italiana è affetta. Quanti altri Miraglia ci
vorranno per cominciare a domandarsi come si può guarire da questa patologia
sociale? E' difficile rispondere: la cultura dei nostri politici, dei nostri
governanti soprattutto, considera le tasse un qualche cosa che il cittadino
"deve" allo Stato. Perché, non s'è mai capito: la gente è abituata
a pagare
per avere qualcosa in cambio. Lo Stato se non da niente, da poco,
incredibilmente meno di quanto prende.
Un cittadino, è vero, usufruisce di alcuni servizi. Ma ne usufruisce
saltuariamente (va in un ospedale pubblico due volte all'anno, può
utilizzare la Scuola di Stato se e solo se ha dei figli in età scolare,
eccetera); nondimeno, egli è tenuto a pagare per il mantenimento di costosi
carrozzoni statali indipendentemente dall'uso che fa di quello che essi gli
offrono.
Pensateci: se andiamo in macelleria, possiamo comprarci una bistecca
piuttosto che un toro tutt'intero piuttosto che niente se siamo vegetariani.
Quando paghiamo le tasse, al dispetto di quelli che sono i nostri bisogni,
siamo costretti a caricarci sulle spalle l¹intero toro. Vegetariani
inclusi.
I nostri amici di Sinistra non lo ammetteranno mai, ma questa è una forma di
sfruttamento incredibilmente più grave e immorale di quella che Carlo Marx
immaginava i capitalisti esercitassero sui lavoratori. Però è legittima agli
occhi dei più, ci svegliamo la mattina e pensiamo che lo Stato sia un
qualcosa di "naturalmente necessario" per lo sviluppo delle nostre
attività.
Pensiamo sia l'indispensabile cornice della nostra vita.
Il caso di Michele Miraglia, tragico e diplorevole di per sé, può servire
almeno a ricordarci qualcosa: che tutto quello che otteniamo dalla vita,
l¹otteniamo senza pagare le tasse. Le nostre amicizie, i nostri amori, le
nostre relazioni, i nostri divertimenti sono tutte cose che nessuno "Stato"
può offrirci o imporci. Persino la solidarietà, tanto spesso sbandierata
come il problema pubblico per eccellenza, è in realtà una faccenda
strettamente privata: la sua storia è una storia di individui che
volontariamente hanno scelto di riunirsi in associazioni caritatevoli,
laiche o ecclesiastiche. Nessuna delle quali ha mai preteso di imporre
tasse, dazi o gabelle.
Il fatto che i nostri burocrati - gli assassini di Miraglia - si riempiano
la bocca di buoni sentimenti e caritativo furore è un segno della loro
ipocrisia. Fingendo di aiutarci, lo Stato ci uccide: è questo che dobbiamo
imparare dalla morte di Michele Miraglia.
Alberto Mingardi