Martino: Armi legali come negli Usa


Il ministro Martino auspica una legge "permissiva" in materia di difesa personale sul modello americano: "Abbiamo disarmato quelli che obbediscono alla legge lasciando, di fatto, armati i delinquenti".

ROMA - “La legislazione restrittiva in materia di possesso di armi ha disarmato quanti obbediscono alle leggi, non ha disarmato i delinquenti”. Con queste parole il ministro della Difesa Antonio Martino annuncia da Radio Radicale tutto il suo scetticismo sulle restrizioni imposte ai cittadini italiani in fatto di difesa personale.

L’esempio più naturale, secondo il ministro, è il secondo emendamento della costituzione americana che garantisce ai cittadini la possibilità di portare armi: “Sfidando il senso comune dei benpensanti, devo dire che sono perfettamente d'accordo” afferma Martino, citando proprio il secondo emendamento. “Quando sono state introdotte queste restrizioni – spiega il ministro tornando alla legge vigente in Italia - io non ho visto file alle questure di mafiosi che consegnavano la lupara o di terroristi che consegnavano il kalashnikov. Ho visto ufficiali in pensione che consegnavano la pistola d'ordinanza. Noi – ha continuato - abbiamo disarmato quelli che obbediscono alla legge e, di fatto, abbiamo finito con il lasciare armati quelli che non obbediscono alle leggi”.

Le reazioni non si sono fatte attendere: “Sono sconcertanti le dichiarazioni del ministro Martino sulle armi e sulla possibilità di introdurre nel nostro Paese una normativa che si richiami a quella americana sul possesso e la detenzione di armi”, è la risposta di Giuseppe Molinari, capogruppo della Margherita in commissione Difesa della Camera. “Il qualunquismo – continua Molinari - con cui il Ministro affronta una questione così delicata dovrebbe allarmare tutti. Negli stessi Stati Uniti, presi ad esempio dal ministro Martino, vi è un ampio movimento di opinione che chiede una restrizione delle norme che consentono con eccessiva facilità l'acquisto, il possesso e la detenzione di armi anche in considerazione dei tragici episodi che ripetutamente scuotono quel paese”. “Sarebbe opportuno - ha concluso Molinari - che il Ministro Martino si occupasse delle cose reali che interessano le Forze Armate invece di parlare in libertà con il rischio di alimentare paure e pericolosi istinti nella pubblica opinione”.

Anche il sociologo Domenico De Masi è scettico e preoccupato rispetto alla prospettiva descritta da Martino: “Uno dei pochi casi in cui il modello americano non è assolutamente da seguire”. “Mi sembra assurdo – spiega il sociologo -, se il ministro ha proposto una cosa simile ha fatto davvero un errore grosso” dal momento che in America “il numero di crimini commessi è tale da fare degli Usa uno dei paesi più mostruosi al mondo, da questo angolo di visuale”. A questo proposito consiglia di studiare i dati: “La popolazione americana è quasi cinque volte quella italiana –spiega De Masi - ma quella carceraria negli Usa è 36 volte più grande di quella del nostro paese. I detenuti erano un milione all'inizio del primo governo Clinton e oggi sono più di due milioni. Se a questi si aggiungono gli americani con limitazioni di diritti perché sotto processo o altro, le persone in mano alla legge sono il 4% della popolazione complessiva”.

Al coro di no alla proposta anticipata da Martino si aggiunge la voce di Massimo Paolicelli, presidente dell'Associazione obiettori nonviolenti: “Un Paese come gli Usa – conclude - dove le armi finiscono con estrema facilità in mano a giovani studenti e psicolabili, tanto che molte scuole si sono dovute dotare di metal detector, forse non è proprio da prendere come esempio. Evidentemente, Martino è un appassionato di film western".

tratto da IlNuovo.it

Martino, le armi e il 25 aprile

25 Aprile, giornata della memoria, della liberazione, del ricordo. Decine di
migliaia di persone hanno sfilato in tutte le città d'Italia. Chi a sostegno
delle sgangherate istituzioni repubblicane, chi contro il fascismo, chi a
favore della libertà e chi brandendo slogan minacciosi proprio verso quel
fragile valore. Tutti, forse inconsapevolmente, hanno marciato a sostegno
del Ministro della Difesa Antonio Martino. Pochi giorni addietro, infatti,
egli ha manifestato il proprio apprezzamento per il Secondo Emendamento
della Costituzione americana, che sancisce il diritto degli individui a
detenere e portare armi. "La legislazione restrittiva in materia di possesso
di armi ha disarmato quanti obbediscono alle leggi, non ha disarmato i
delinquenti", ha affermato ai microfoni di Radio Radicale.

E ancora: "Quando sono state introdotte queste restrizioni, io non ho visto
file alle questure di mafiosi che consegnavano la lupara o di terroristi che
consegnavano il kalashnikov. Ho visto ufficiali in pensione che consegnavano
la pistola d'ordinanza. Noi abbiamo disarmato quelli che obbediscono alla
legge e, di fatto, abbiamo finito con il lasciare armati quelli che non
obbediscono alle leggi". Ebbene, forse non tutti sanno che la legge che ha
disarmato i cittadini italiani onesti venne approvata nel 1931 sotto il
regime fascista. Né si trattò di un caso isolato: tutti i totalitarismi si
sono avvalsi di norme simili per ridurre all'impotenza i contestatori.
Hitler sottrasse le armi ai tedeschi (e, prima di tutti gli altri, a quelli
di origine ebraica) e lo stesso avvenne in Unione Sovietica, Cina, Turchia,
Cambogia e via dicendo. Il tutto si è tradotto nella morte di decine di
milioni di uomini e donne innocenti, massacrati dai loro stessi governi. Di
fronte al regime fascista, alcuni (non moltissimi, per la verità) coraggiosi
presero le armi - illegalmente - e ribellarono.

Questo è stato, in alcune regioni italiane, il fenomeno della Resistenza -
che nulla ha a che vedere col successivo tentativo di alcune squadracce
comuniste di costruire il proprio regime sulle macerie di quello appena
abbattuto. Commemorare la lotta di liberazione dal fascismo significa
riconoscere che, prima e al di sopra della legge dello Stato, esiste una
Legge, per così dire, scritta nelle stelle; prima e al di sopra dei diritti
concessi o negati dallo Stato, esistono dei Diritti naturali di cui gli
uomini godono in virtù del fatto stesso di essere nati. Tra questi diritti
vi sono la vita, la libertà e la proprietà e, di conseguenza, il diritto di
difendere se stessi e i propri beni con ogni mezzo. Anche con la violenza,
anche con le armi. Antonio Martino, che conosce bene la realtà dell'America
profonda, sa che la possibilità di essere armato è per un individuo non solo
una tutela contro la criminalità comune, ma anche un'assicurazione contro l'
involuzione tirannica del governo cui è soggetto. In effetti, stupisce il
fatto che tutti i critici abbiano attaccato il Ministro della Difesa
brandendo dati e statistiche (non sempre veritieri e di cui quasi mai è
stata citata la fonte) ma abbiano completamente trascurato le implicazioni
morali delle sue parole.

Un uomo armato è un uomo libero; un uomo disarmato è costretto ad affidare
la propria libertà a chi detiene il monopolio della violenza e a sperare in
Dio. Inoltre, negare il diritto di essere armati significa anche impedire
agli uomini di difendere i propri diritti e, quindi, ridurre questi ultimi a
una pura espressione dialettica o, nella migliore delle ipotesi, a un
generoso privilegio concesso dal sovrano. Infine, vi è un difetto fatale
nella pretesa di definire i diritti umani (tra cui quello di essere armati)
in base alle statistiche. Esse ci mostrano quanti sono stati i criminali e
come hanno colpito. Dire che i diritti dipendono dal loro comportamento
equivale ad affermare che la libertà degli onesti dipende dall'arbitrio dei
delinquenti e che, in ultima analisi, sono questi ultimi a definire le
regole che tutti gli altri dovranno rispettare. Significa in sostanza
stabilire un "contratto sociale" assai poco ortodosso: "o la borsa, o la
vita".

Tutto ciò era ben chiaro a Martino quando si è espresso a favore del Secondo
Emendamento, ed è anche, forse inconsapevolmente, chiaro a quanti hanno
celebrato il 25 aprile. Per qualche oscura ragione, però, pare che queste
argomentazioni si dissolvano come neve al sole quando, dai dolorosi anni
della guerra, si procede verso l'attualità. I due pesi e le due misure sono
da sempre una caratteristica peculiare degli statalisti, ma ferisce vedere
ogni principio morale e ogni forma di coerenza contraddetti in modo così
clamoroso. Non si può giocare con la vita e la sicurezza della gente. Le
anime belle che, protette da costosi sistemi antifurto e magari da guardie
del copro armate, pontificano contro il possesso privato di armi da fuoco
tradiscono lo spirito genuino della Resistenza e sono corresponsabili di
ogni rapina, ogni stupro e ogni violenza.

Carlo Stagnaro
http://www.forces.org/stagnaro

Elogio della proposta di Antonio Martino
di Alberto Mingardi

Il bello di Antonio Martino è che ogni tanto si dimentica di essere ministro, e smessi gli abiti paludati del titolare della difesa, ritorna se stesso. Ritorna quello spiritaccio libertario cui vogliamo bene, e che stimiamo. E’ successo lunedì pomeriggio, quando dalle frequenze di Radio Radicale, il professor Martino butta lì: una legislazione così restrittiva sul possesso di armi, quale quella che abbiamo in Italia, favorisce soltanto i criminali. Apriti cielo: l’internazionale del buonismo, frustrata e offesa dall’impertinenza degli elettori francesi, lo prende di mira. “Dichiarazione grave”. “Sarebbe come nel far west”. “Ministro western”. “Martino John Wayne”. Variazione sul tema, “il Charles Bronson de’ noantri”.

Massimo Gramellini, sulla Stampa, sferra un affondo pericoloso. Se la proposta di Martino acquistasse corpo, diventasse legge, rischieremmo una catena di “futili lutti”. Perché? Perché gli europei stanno affrontando la “più grande ondata migratoria degli ultimi secoli”, e guai a blindare la porta di casa, spianare il fucile e magari (persino) votare Le Pen. Traduzione: quelle famiglie della bergamasca e del Nord-Est, che subiscono ormai con puntualità svizzera gli assalti di questa o quella banda di albanesi, porgano l’altra guancia. E spalanchino buoni buoni la cassaforte. Carlo Leoni, esponente di rincalzo dei Diesse uscito dal cilindro di Repubblica, spiega che non crede che Martino sia a libro paga di una fantomatica “lobby delle armi”. E per questo la sua dichiarazione è “ancora più inaccettabile”: insomma, se Beretta o chi per lui staccasse un succulento assegno, i Diesse potrebbero ripensarci. Fino ad allora, è una pazzia.

L’idea che i cittadini possano difendersi da soli, cioè: l’idea che i cittadini possano difendersi, è vista come il fumo negli occhi da parte di tutte le forze politiche. Il miraggio è quello di un mondo in cui le casalinghe sparano alla cassiera che dà il resto sbagliato, in cui gli avvocati freddano quei clienti che indietreggiano alla vista della parcella. Sarebbe davvero così? Basta confrontare il tasso di omicidi in Svizzera, “paese armato”, con quello degli altri Paesi europei. Nella Confederazione elvetica, nel 1994 si sono verificati 1,32 omicidi ogni 100.000 abitanti. Di questi, 0,58 (il 44%) si sono svolti con un’ arma da fuoco. In Italia, nello stesso anno, il tasso di omicidi galleggiava sui 2,25 ogni 100.000 abitanti (1,66 con arma da fuoco). Le conclusioni le tiri il lettore.

Quello che a me sembra evidente, soprattutto alla luce di alcuni fatti recenti (pensate al drammatico succedersi di attentati kamikaze in Israele), è che non serve e non basta una pistola per uccidere. Più che altro, inventarsi una regolamentazione severa per il possesso di armi non fa che esacerbare la violenza. Lasciamo perdere i giochi di prestigio, i contorsionismi verbali della stampa politically correct. Scopriremmo, ad esempio, che uno studio condotto dalla Wisconsin University nell’autunno del ’75 è arrivato alla conclusione che “le leggi sul controllo delle armi non hanno alcun effetto individuale o collettivo sulla riduzione del numero di crimini violenti”. Un’altra indagine, effettuata in Gran Bretagna dall’Università di Cambridge nel 1971, rivela come in quel Paese il numero di omicidi commessi sia addirittura raddoppiato nel volgere dei quindici anni successivi alla produzione delle pistole.

Stupisce per la profondità dell’analisi, e il cocktail di grafici e dati, “More Guns Less Crime”, ponderoso saggio di John Lott (School of Law, Yale University) che, uscito per i tipi della University of Chicago Press, ha capovolto i termini del dibattito americano su questo tema.
Lott passa in rassegna il tasso di criminalità nei vari Stati americani, e ne viene fuori che, numeri alla mano, l’incidenza della criminalità è inferiore proprio dove la legislazione sulle armi è meno severa. Lott prende in esame sia le realtà in cui vigono regole discrezionali (sul modello italiano, per intenderci, dove per avere il porto d’armi devi passare l’ispezione del prefetto), sia quelle in cui invece non c’è una regolamentazione discrezionale (è richiesto soltanto di non avere precedenti penali). Ebbene, nei primi nel 1992 si sono verificati 684,5 crimini ogni 100.000 abitanti – nei secondi 378,8: la differenza non è da poco.

Non solo, ma risulta evidente che l’adozione di una regolamentazione non-restrittiva è l’unico provvedimento capace di influire seriamente sul tasso di criminalità. Essa causerebbe in media una flessione del 4,9% dei crimini violenti in generale, nonché una riduzione del 7,7% degli omicidi: quando un ipotetico aumento di cento punti percentuali del tasso di arresti porterebbe soltanto a un livellamento dello 0,98% dei crimini, e a una diminuzione dell’1,39% del numero di omicidi ogni 100.000 abitanti.

Fin qui la “cultura del far west”. Diamo uno sguardo alle “socieà superiori”, e disarmate: l’Unione Sovietica approvò il controllo delle armi nel 1929. Fra il 1929 ed il 1953 circa venti milioni di dissidenti politici, inermi, vennero sterminati. La Turchia lo fece nel 1911, e dal 1915 al 1917 vennero sterminati un milione e mezzo di armeni. La Germania lo fece nel 1938, e dal 1939 al 1945 tredici milioni di ebrei, zingari, malati mentali, e individui “eterodossi” vennero fatti fuori. L’Uganda ha proibito le armi nel 1970, e dal 1971 al 1979 trecentomila cristiani, inermi, sono stati uccisi.
E’ vero, sulla libertà di armarsi si disputa un derby civiltà-barbarie. Antonio Martino gioca nella squadra della civiltà.

24 aprile, tratto da Libero

Help. Silenzio stampa sul diritto a commettere tirannicidio
 
Lunedì 9 luglio 2001, ha avuto inizio a New York la Conferenza dell' ONU sulle armi leggere.
L'evento  ha avuto pochissima risonanza sulla stampa italiana. Come sempre. Eppure si tratta di un incontro cruciale
per l'intera umanità. I delegati di tutti i paesi della terra (tra cui molte dittature) discuteranno su come intervenire per limitare
il "traffico" di armi leggere (categoria assai vasta che comprende praticamente tutto, dai revolver ai lanciamissili). In realtà, però, l'argomento in questione è assai più ampio: tocca al cuore lo stesso diritto dei cittadini onesti di detenere armi.
Non è un caso che il meeting sia stato aperto da un gigantesco rogo di armi da fuoco (a cui le associazioni americane dei possessori di armi hanno risposto con l'indizione della "Giornata dell'acquisto delle armi da fuoco").
La verità è che le Nazioni Unite, le quali aspirano ormai apertamente a costituire il nucleo di un futuribile governo mondiale, intendono allungare le mani sulle armi possedute dai civili. Senza alcun riguardo per i loro diritti: primo tra tutti quello a possedere i mezzi necessari a compiere un tirannicidio.
Di fronte a una tale, aperta aggressione l'intera  America profonda, conservatrice e libertaria, si è mossa e ha reagito con forza. Non si era mai vista una presa di posizione così netta e cosciente da parte di tanti possessori di armi.
E' su questo che si misura la civiltà di un popolo: la sua capacità di individuare le minacce alla propria libertà
e di rispondere per le rime agli aggressori, interni o stranieri. Purtroppo, ancora una volta abbiamo avuto dimostrazione della natura codarda e mansueta del nostro paese. La stampa non ha praticamente parlato del meeting.
I cittadini continuano a essere vittime inconsapevoli di un meccanismo perverso, che consente ai criminali di mantenere la propria posizione di potere di fronte a persone inermi. Probabilmente l'ascesa al potere di un tiranno, in Italia, è lungi da venire, e le preoccupazioni qui espresse sono prive di fondamento. Certo è che, qualora "l'uomo forte" dovesse arrivare, non troverà alcuna resistenza sulla propria strada. http://www.forces.org/stagnaro

tratto da VirusIlGiornaleOnline

185 Colpi di fucile

Duello in rete sul commercio di armi

Gentile navigatore, la campagna di raccolta adesioni sta per scadere. Abbiamo ancora qualche giorno per dare anche noi una mano per garantire il controllo sulla vendita di armi pesanti. Di seguito le indicazioni.
Grazie Rosanna Tortorelli - Milano.
Obiettivo10mila firme. Lunedì 8 aprile la Camera si pronuncerà sul ddl 1927 che svuota la legge 185.
Facciamoci sentire! La campagna iniziata 6 settimane fa contro il ddl 1927 e per la difesa di una legge civile e democratica come la 185/90 che ci garantisce un minimo di informazione e di controllo sulla vendita di armi pesanti è stata un grande successo. Qualche giorno fa abbiamo superato le 8000 adesioni online, oltre 3 mila sono di associazioni ed enti, calcoliamo che il numero totale delle adesioni espresse in quelle 8150 firme elettroniche superi le 50 mila persone. Questo basta a farne la più grande mobilitazione internet italiana. Sono partiti oltre 3000 messaggi indirizzati via email ai parlamentari, e dal nostro sono stati scaricati oltre 1000 moduli da spedire via fax. Ebbene, lunedì un parlamento ignaro, o colpevolmente indifferente, deciderà (leggete a tal proposito gli articoli di Marescotti sul sito di peacelink). Facciamo il possibile per arrivare a 10mila firme on-line da gettare nell'emiciclo di Montecitorio lunedì mattina.
COSA FARE?

Spedisci questo messaggio a tutti gli amici pregandoli di firmare;
PER ADERIRE online e consultare le informazioni:
http://web.vita.it/185/
Sul sito della Rete di Lilliput puoi inviare una email al/la parlamentare del tuo collegio per segnalargli/le la tua posizione:
http://www.retelilliput.org/

----------------------------------Meritano una risposta!!!!!!!!!!!

Il diritto a portare le armi è il primo dei diritti, almeno per un uomo che aspira a rimanere libero! Voi, con le vostre campagne vi ponete, seppur involontariamente, dalla stessa parte di dittatori criminali. Un uomo inerme è più fragile e meno libero!

Roberto Enrico Paolini

E che c'entra con i mercanti????!!!!!!!!!

Movimentoriforme.

  C'entra. Gli stati possono procurarsi facilmente le armi, possono anche fabbricarsele. L'unico modo che i cittadini hanno per difendersi da regimi piu' o meno democratici, invece, e' comprarle. Il mercante di questo tipo di beni, come per tutti gli altri, soddisfa una precisa domanda, quella di farsi giustizia da se'. Quindi non solo e' un imprenditore, ma e' un eroe. Permette a tutti di difendersi individualmente!

Roberto Enrico Paolini

  E' giustissimo che il cittadino si difenda, nessuno lo ha contestato, infatti. Anzi. Ma il cittadino non puo' comprare l'arma per difendersi nei regolari negozi ove si registrano i portatori di armi? perche' no?! E perchè no la registrazione da parte del portatore di arma individuale? E perchè si' ai mercanti del contrabbando e agli acquisti di armi clandestini e irregolari? Se ho bisogno di un organo da impiantare, tipo rene o altro, cerco di averlo per vie legali, non attraverso i mercanti di organi o la mafia che se li procurano clandestinamente, ed a volte con azioni malavitose e delinquenziali. Grati di una non passionosa spiegazione, cordiali saluti.

Movimentoriforme.

 

  Viva i mercanti, sempre e comunque, vendano armi o pasticcini.

Alberto Mingardi

 

  Niente contro i mercati, ma li intendi come negozi o come clandestini?

Movimentoriforme.

 

Non esistono mercanti "clandestini", solo leggi assurde che li rendono tali.

Alberto Mingardi

 

Grazie per le informazioni utili, ma i negozi allora cosa sono e a cosa servono?
In america dove si comprano visto che le armi le hanno moltissimi cittadini?
Evviva quelli che ti spiegano le cose come sono, poi, se del caso, burberamente ti assalgono.
Tanto non è che mo' pure le armi comprate dove e da chi, sia un'ideologia.
Se no di che parliamo?

Movimentoriforme.

 

Qualsiasi scambio e' per definizione consensuale e giusto. X vende, Y compra: si incontrano perche' ognuno dei due da' all'altro qualcosa che questi desidera. Lo Stato si arroga il diritto di definire alcuni scambi "illegali" perche' riguardano attività che esso intende "disapprovare", o perche' pongono un serio problema alla sua esistenza (e' evidente che se fosse possibile per tutti armarsi, la società avrebbe ben altra forza di contrattazione nei confronti delle prepotenze dei pubblici ufficiali), oppure perche' vengono ritenute "immorali" dal pensiero dominante (penso alle droghe, in alcuni casi alla prostituzione, alla pornografia, al fumo, alla sodomia, eccetera). Il problema sta tutto qui. Lo Stato si inventa licenze, e ogni genere d'ostacolo, nei confronti di chi vuole comprare una pistola per poterlo derubare con suo agio. La stessa idea di una vendita legale ed una no a livello internazionale e' fatta per privilegiare una o un'altra parte nel conflitto - e se estesa, sarebbe ancora piu' pericolosa di oggi. L'Onu potrebbe decidere che e' "legale" vendere le armi agli ebrei (in quanto sono uno Stato) ed "illegale" venderle ai palestinesi (in quanto non lo sono). O potrebbe decidere che e' "legale" vendere armi ai palestinesi ed agli ebrei no. In ogni modo, sono ingerenze che la comunità internazionale non puo' permettersi, a meno che non si decida di voler imporre al mondo la statualità, la democrazia, in ogni caso l'arbitrio.

Alberto Mingardi

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