L'investitura "divina"
del Tribunale internazionale
di Ida Magli
il Giornale | Venerdì 12 Aprile 2002

Nasce con solennità la Corte Penale Internazionale, con giurisdizione sui crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità. L’annuncio ci è stato dato, in maniera trionfalistica, senza aver per nulla coinvolto i cittadini, come è prassi ormai consolidata per tutte le decisioni importanti che vengono prese a livello internazionale. Una delle tante prove, questa, della via di fuga dalla democraticità che i politici hanno trovato creando sempre nuove istituzioni internazionali. I governanti si ritengono dotati, nei consessi internazionali, della particolare assistenza divina, messi al sicuro da qualsiasi errore, come se le teste che funzionano all’interno delle singole nazioni diventassero all’improvviso trascendenti ed infallibili nella sfera superuranica dell’internazionalità. Ai cittadini, dunque, non è stata fornita neanche una briciola di informazione preventiva, e tanto tanto meno si è chiesto il loro parere su una Istituzione che viceversa pone problemi gravissimi per la coscienza sia dei singoli che dei popoli. E per la loro libertà. Si stanno ponendo, infatti, le premesse di una dittatura etica assoluta; una dittatura che ovviamente sarà esercitata dagli Stati che di volta in volta si troveranno ad essere politicamente più forti nel panorama mondiale.

Alla base dell’idea di un Tribunale Internazionale c’è la sicurezza di possedere dei principi etici universali ed eterni. Ma non eravamo altrettanto sicuri appena ieri, quando imponevamo il battesimo a tutti i popoli che riuscivamo a dominare, e sempre con lo stesso principio di oggi, ossia attraverso l’adesione dei loro Capi e dei loro Re? Naturalmente questo è soltanto un esempio fra mille. Quello che ci preme affermare è che i politici odierni non vogliono convincersi di non possedere nessuna capacità etica più sicura di quella che possedevano i detentori del potere ieri, e che la sicurezza di cui si ammantano è data loro soltanto ed esclusivamente dal potere. Se c’è una consapevolezza, oggi, che dovrebbe servirci a compiere un numero minore di errori di quanti non ne siano stati commessi in passato, è proprio questa: la coscienza etica è coestensiva alla propria storia; è coestensiva alla vita. La sensibilità etica è connessa all’intelligenza, ma anche alla religione, al costume sociale, alla psicologia di un individuo e di un popolo, al bisogno che percepisce come primario, sia questo la libertà della sua patria oppure l’affermazione che la Terra gira intorno al Sole. Questo significa, forse, che non dobbiamo tenere conto dell’Etica? Al contrario: ne dobbiamo tenere conto al punto da riconoscere non solo che noi non ne siamo i portatori assoluti, ma che anche la nostra è in continuo divenire, e che non è per nulla certo che sia la migliore.

 Ma, si dirà, chi è che potrebbe avere qualcosa contro la condanna per la violazione dei diritti umani o i crimini contro l’umanità? Il problema consiste proprio in quanto dicevo prima: che cosa intendiamo per diritti umani o per crimini contro l'umanità. Faccio un esempio che abbiamo sotto gli occhi. La Signora Emma Bonino è, come è noto, la più forte assertrice del Tribunale Penale Internazionale. Ma è, al tempo stesso, la più forte assertrice dell’aborto di Stato. L’aborto di Stato (duecentomila aborti l’anno soltanto in Italia) non può forse essere considerato, da una coscienza diversa da quella di Emma Bonino, un crimine contro i diritti umani e un crimine contro l’umanità, visto che non soltanto uccide un individuo ma mette a rischio la sopravvivenza del gruppo?

Quello che spaventa - diciamolo chiaro - è che i politici abbiano assunto su di sé le vesti divine, dimenticando che sui problemi dell’etica si sono affaticate le più grandi intelligenze di tutta l'umanità, provviste tuttavia, o forse proprio per questo, del senso dell’impotenza a risolverli se non con l’umiltà del dubbio di fronte alla finitezza-infinitezza del mistero umano.

Ida Magli

tratto da Il Giornale e da Italiani Liberi

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