L'egemonia della "sinistra" (rigorosamente da
virgolettare) sul mondo dell'industria culturale in Italia e' fatto noto.
Basta visitare un "remainders" per rendersi conto della
marea di libri inutili (lotta di classe in Nicaragua, prospettive della
produzione in Angola, ecc.), che i vari Einaudi e Feltrinelli hanno sfornato
negli ultimi venticinque anni. Altrettanto riconosciuta è la marginalità in
tutti questi anni, anche per la subalternità del "liberalismo"
ufficiale, della cultura non marxista e non "democratica" nel mercato
editoriale.
Tale deprimente stato di cose fa si che siano da noi totalmente
sconosciuti i filoni più vitali del moderno pensiero liberale e libertario,
occultando il loro possibile proporsi come radicale alternativa alle grigie
ideologie dominanti, ravvivando con dosi di radicalità libertaria la tuttora
incerta cultura politica delle forze politiche anti-stataliste e
anti-burocratiche.
Ci riferiamo qui in particolare a un originale filone di pensiero,
giunto ormai da decenni a maturazione negli Stati Uniti, denominato
libertarianism o, più specificamente, anarchocapitalism.
Benchè non si tratti in senso stretto di un sistema (sennò che
libertarismo sarebbe?), sorprende l'organicità di un pensiero, il quale,
muovendo dai diritti inviolabili di proprietà dell'individuo, giunge a
implicazioni conseguenti in ogni campo: economia, giustizia e sicurezza, tutela
dell'ambiente, ecc.
Il tutto con una freschezza e una vivacità, oltre che in termini
francamente affascinanti, da suggerire di proporre con forza il pensiero
libertarian non solo come criterio di giudizio della bontà delle scelte di
governo, ma anche come strumento che, nel proporre soluzioni pratiche, è in
grado, al contempo, di "farci sognare".
Il più noto libertarian e anarco-capitalista contemporaneo è
Murray Rothbard, morto a 68 anni il 7 gennajo 1995. Economista, filosofo morale,
politico e del diritto, allievo del grande economista della scuola liberale
austriaca von Mises, ha scritto diversi saggi e trattati, i più noti dei quali
sono Man Economy and State (1962), Power and Market (1969), For A New Liberty
-The Libertarian Manifesto (1973), nonchè The Ethics of Liberty (1982), presto
tradotto dalla casa ed. Liberilibri di Macerata. La sua produzione è
vastissima, e comprende saggi sui cicli economici, sulla moneta, sul fisco, ecc.
La sua teoria politica costituisce uno sviluppo coerente della
dottrina di Locke dell'autoproprietà. Il diritto di proprietà in senso ampio
(proprietà anzitutto di sè e dei frutti del proprio lavoro) è il caposaldo
della teoria rothbardiana; a partire dalla titolarità di tale diritto
fondamentale si sviluppa il libero mercato, rappresentato dalla rete degli
scambi volontari e pacifici dei titoli di proprietà. A fronte della trama
contrattuale fondata sul consenso degli interessati, si pongono gli
"aggressori" e gli "invasori", tutti coloro i quali
esercitano i "mezzi politici" della coercizione in luogo dei
"mezzi economici" della cooperazione. E il piu pericoloso di tali
aggressori e' lo stato.
L'antico interrogativo della filosofia politica ("che cosa
consente di distinguere lo stato da una banda di briganti?") è risolto da
Rothbard in danno dello stato: lo stato e' peggio di una banda di briganti,
perchè l'oppressione che assicura nei confronti di un dato territono ha
caratteri di continuità e di sistematicità che nessuna "banda"
sarebbe in grado di esprimere. Sicchè può dirsi che lo stato non e' che una
banda di briganti, che riesca a imporre il proprio dominio monopolistico in un
dato territorio.
Lo stato e' infatti l'unica organizzazione la quale rivendica il
potere legittimo di acquisire risorse non attraverso il consenso (atti di
scambio o di donazione), ma attraverso la coercizione. Noi accettiamo dallo
stato comportamenti che considereremmo criminali ove posti in essere da
qualsiasi altro soggetto: sottrarre coattivamente risorse attraverso la
tassazione dei frutti del proprio lavoro, espropriare e confiscare terre, ecc.
Rothbard ha denunciato con decisione il ruolo che gli intellettuali hanno svolto
nei secoli per giustificare innanzi all'opinione pubblica l'idea di stato e di
governo, rafforzando la credenza che "non si può fare a meno del
governo", attraverso formule mistificatorie quali "lo stato siamo
noi".
Nozioni come quella di "stato", di "governo" e
di "collettività'" sono esse stesse mistificatorie, dato che tali
entità non "esistono", esistendo solo i singoli individui. Dire che
il "governo" ha il potere di far questo o quello significa perciò
solo riconoscere tale potere a singoli individui.
Da qui la negazione del concetto di proprietà pubblica dei beni.
Se il "pubblico" non esiste, la proprietà è sempre di qualcuno. Se
di un bene si afferma il carattere "pubblico", vuol dire perciò che
si sta occultando il vero "proprietario", di chi prende le decisioni
sull'uso del bene, che e' il politico o il burocrate.
Da qui la proposta che tutti i beni, ivi comprese le strade, siano
posseduti privatamente e che tutte le attività, ivi compresi i servizi di
giustizia e di sicurezza, siano forniti da privati in regime di concorrenza,
dato che non v'è attività che sia attualmente svolta dallo "stato"
che non possa essere svolta da un privato. E ciò per la semplice ragione che,
"stato" o "privato", saranno sempre uomini concreti a
svolgere quell'attività; con la differenza, però, che lo stato rivendica il
monopolio nell'esercizio di quelle attività e considera criminale chi gli fa
concorrenza; mentre il privato non può impedire a nessuno di porsi in
competizione con lui, e il cittadino potrà sempre scegliere - anche con
riferimento alla giustizia e alla sicurezza - di cambiare fornitore.
Va sottolineato come le pagine di Rothbard, ma anche di altri
anarco-capitalisti come David Friedman, sono ricche di argomenti e di esempi di
come in concreto tali servizi possano funzionare in regime di concorrenza. E'
costante nei libertarians il tentativo di dimostrare come le loro proposte non
siano affatto utopistiche e inattuabili, avendo la storia conosciuto momenti
importanti di organizzazione libera della società e di produzione non
coercitiva e monopolistica del diritto e della giustizia.
Di grande interesse appaiono in particolare le riletture della
vicenda del (per parafrasare il titolo di un noto saggio libertario) "non
così selvaggio, selvaggio west". Il suo sistema di organizzazione privata
della comunità - dimostrano recenti indagini empiriche - era molto più
efficiente di quanto non si sospetti; e gli stessi morti uccisi furono assai
meno di quanto non appaia dalla cinematografia, la quale pure ha mostrato la
plausibilità di una società fondata sul rispetto dei diritti di proprietà e
sulla fornitura privata dei servizi di sicurezza e giustizia, come già propose
nel 1849 l'economista laissez-faire Gustave de Molinari.
Infine, va ricordato che, secondo gli anarco-capitalisti, il
rispetto della proprietà privata è il criterio migliore per tutelare
l'ambiente (l'insieme delle singole proprietà) dall'aggressione
dell'inquinamento. Strano, dunque, che i verdi siano collettivisti in economia e
schierati a sinistra.
di Fabio Massimo Nicosia
Pubblicato sul quotidiano "L' Opinione"