Il mito dell'Europa democratica


 di GIORDANO BRUNO GUERRI
 

La democrazia di cui possiamo godere in quanto italiani viene accresciuta dall' appartenenza all'Unione Europea?

Una leggenda continentale - falsa quanto le leggende metropolitane - sostiene di sì. Però è, appunto, una leggenda. Anzitutto nessuno di noi ha potuto esprimere la propria volontà di entrare o meno a far parte dell'UE: un preciso e antidemocratico articolo della nostra Costituzione impedisce che si possano tenere referendum sui trattati internazionali. Né vi fu e vi é mai stato un reale dibattito politico fra i partiti sull'opportunità o meno di entrare nella Comunità. L'Italia degli anni Cinquanta era appena uscita sconfitta dalla guerra e aveva un'economia nascente e debole: sembrò un grande vantaggio associarsi a Stati più forti e ricchi, e tutti i partiti, soprattutto quelli della destra temettero - se avessero messo in discussione l'Europa - di essere bollati di obsoleto nazionalismo, volontà autarchica e addirittura di fascismo. Nessuno dunque prese davvero in considerazione i rischi che avrebbero corso la nostra autonomia nazionale e tantomeno i limiti che la democrazia italiana avrebbe dovuto subire, come quella degli altri Paesi. 

Tanto per cominciare, l'elezione di un Parlamento comunitario era prevista già nel trattato di Roma del 1957, ma le prime elezioni ci sono state soltanto nel 1979. In quei ventidue anni un ristretto gruppo di eurocrati, più interessati al loro traguardo e all'economia che alla democrazia, hanno costiituito una struttura portante che riduce alla base la democrazia e indebolisce governi e parlamenti nazionali. Per esempio la Corte di Giustizia della Comunità dichiarò già nel 1964 che i primi trattati europei    vincolavano gli Stati e i loro abitanti a un sistema di diritto estraneo a ogni nazione. 

In quegli anni venne anche fatto in modo che il Parlamento europeo - poco rappresentativo ma unico organo dell'UE nel quale i cittadini possano influire con il voto - avesse meno peso e poteri, soprattutto decisionali, di altre istituzioni che non rappresentano la volontà popolare di nessun Paese e sui quali la possibilità di controllo dei popoli europei è limitatissima, come la Commissione, il Consiglio e la Corte di Giustizia. 

La quale Corte di Giustizia nelle sue sentenze ha sempre favorito non i singoli Stati e i loro cittadini, bensì l'accrescimento dei poteri della Comunità, per cui ha anche stabilito che - in caso di constrasto con le norme nazionali - prevale il diritto comunitario. 

Questo significa che le leggi e le norme del nostro Parlamento (è quel che è, ma almeno viene eletto da noi), insomma le decisioni prese dagli italiani per gli italiani, hanno meno valore. Di conseguenza anche la volontà popolare ha meno valore e non uno ma due poteri incombono sulle nostre teste, quello nazionale, che ci siamo scelti, e quello comunitario, che non ci siamo scelti. 

Il nostro ruolo di cittadini nella vita pubblica comunitaria è quasi azzerato, siamo meno padroni delle nostre esistenze, sottoposti a un potere semisconosciuto che governa da Bruxelles, dirige l'economia da Francoforte, giudica in Lussemburgo. 

Il potere è sempre più nelle mani del Potere e sempre più lontano dalle nostre. La Commissione Europea, definita "motore della Comunità e custode dei trattati dell'Unione", è composta da membri non elettivi e ha poteri enormi, amministrativo, esecutivo e normativo, di controllo, iniziativa e proposta, rappresentanza e vigilanza. 

La Commissione è anche associata ai lavori nel settore della Politica Estera e della Sicurezza Comune, della Cooperazione Giudiziaria e degli Affari Interni, ma non ha una responsabilità o un indirizzo politico nato dal voto popolare e dalla dialettica fra partiti. Nel Consiglio, composta da ministri dei vari Stati, vengono prese decisioni importantissime - spessissimo a maggioranza - da politici d'altri Paesi, di partiti ignoti a noi italiani, responsabili di fronte a istituzioni a noi sconosciute, provenienti da culture    che, per quanto europee, ci sono estranee, come quella svedese o, quando l'Unione si sarà allargata, quella ungherese, turca, lettone, eccetera.

E che dire della Banca Centrale Europea? E' svincolata dai governi e dai parlamenti - ovvero è del tutto irresponsabile politicamente - benché gestisca già, e sia sempre più destinata a farlo, la ricchezza di noi tutti.

Il Comitato delle Regioni, che dovrebbe dare luogo all'Europa delle Regioni, più vicina ai cittadini, non ha poteri, è solo consultivo e comunque non elettivo. Lo stesso vale per il Comitato Economico e Sociale, composto appunto da rappresentanti delle varie categorie della vita economica e sociale e che - proprio per questo - è ridotto al rango di bella statuina.

Va da sé, infine, che nell'ambito dell'Unione Europea non è previsto che i cittadini possano esercitare la democrazia diretta attraverso referendum o iniziative popolari. 

Prima che l'adozione reale dell'euro (di cui stiamo sperimentando la debolezza) ci vincoli ulteriormente dobbiamo ripensare l'Europa e la nostra partecipazione all'Unione Europea. 

da "Italiani Liberi"- Aprile 2001

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